Sabato, 11 Luglio 2015 15:03

La sicurezza del volontario alla luce della nuova normativa

Nel Testo Unico della Sicurezza le regole che le organizzazioni di volontariato devono rispettare.  

Dall'avvicendarsi di una serie di normative, che sin dal 1994 hanno segnato importanti tappe, oggi abbiamo una definizione di ciò che è stato chiamato "Testo Unico della sicurezza". Proprio in questo contesto sono stati delineati i compiti che le organizzazioni di volontariato hanno sui loro volontari.

Senza scendere nel dettaglio in norme, leggi, articoli, allegati e quanto altro di tremendamente tecnicistico esiste al di sotto della plateale area divulgativa, in questo articolo vedremo essenzialmente i principi su cui basarsi per rendere "sicuri" gli interventi del volontario nei confronti di se stesso e dei suoi colleghi.
Innanzi tutto capiamo quali sono i compiti della Protezione Civile, non sempre ben chiari, dove spesso si fa confusione nel capire i ruoli dei volontari.
Il volontariato è organizzato in associazioni, le quali si sono autocertificate per determinati compiti. Da alcune organizzazioni si evince un ben chiaro ruolo già dalla denominazione, come ad esempio la Croce Rossa Italiana e il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico i quali hanno compiti ben precisi, nonchè attività storiche, i quali hanno definito gli aspetti della sicurezza del volontario loro appartenente.
Altre associazioni, che costituiscono la maggioranza, hanno ruoli più generici, ma riconducibili ad attività non affatto marginali. Siccome la sicurezza è legata sostanzialmente all'attività formativa per i compiti svolti in ambito di intervento, definire lo scenario di rischio è fondamentale per comprendere l'ambito nel quale si deve fare attività formativa in capo alla sicurezza del volontario.
In aiuto i vengono una serie di documenti normativi emanati di concerto tra più Ministeri e successivamente recepiti con un ben preciso Decreto del Capo del Dipartimento di Protezione Civile, nonchè poi aggiuranti con altri decreti, i quali hanno definito una serie di indirizzi comuni da adempiere. Vediamo di cosa si tratta.
Tali indirizzi sono le attuazioni delle disposizioni in materia di sicurezza del volontario. Esse definiscono quattro aree di indirizzo comune per tutte le organizzazioni di volontariato indistintamente:
1. gli scenari di rischio con i compiti svolti dai volontari;
2. le attività di formazione, informazione e addestramento;
3. gli accertamenti medici basilari;
4. la sorveglianza sanitaria.

Scenari rischio Suddivisione

Figura 1 Suddivisione degli scenari di rischio per competenze proprie e assimilate di protezione civile.


Essendo l’attività delle organizzazioni di volontariato di protezione civile svolte in contesti caratterizzati sostanzialmente da tre elementi particolarmente aleatori, come URGENZA, EMERGENZA ed IMPREVEDIBILITÀ, è facile intuire che incentrare l'attività di sicurezza del volontario in elaborazione di documenti di valutazione dei rischi (come inizialmente prevedeva strettamente la normativa) non aiuta a costituire un sistema di sicurezza per il personale volontario. Questo non significa che non debbano esserci delle documentazioni di base e dei fascicoli. Ma solamente che bisogna ridurre al minimo indispensabile tali formalità. Proprio in virtù di un miglioramento della qualità degli interventi, dove per primo deve vedere la salvaguardia di colui che interviene, ci si dovrà dotare di manualistica procedurale che dia delle direttive comuni e di base a tutti gli operatori. Questi manuali, o protocolli, contengono il sapere didattico dove vengono sviluppati gli argomenti da trattare ed insegnare durante l'attività formativa. Costituicono la base teorica su dove insediare le attvità formative operative (inserite nel contesto della singola organizzazione) e le attvità addestrative (le quali danno il senso del coordinamento tra più organizzazioni che intervengono simultaneamente).
Identificare quali sono i percorsi formativi (protocolli e procedure, operatività e addestramento) ed i soggetti che debbano erogare tali percorsi è sostanzialmente dovuto al tipo di scenario di rischio cui ci si dovrà confrontare.
Nel sistema del servizio nazionale della protezione civile esistono degli scenari ben precisi cui i volontari sono chiamati ad intervenire, diversificati in base al constesto della configurazione di intervento:
scenari propri di protezione civile (emergenze naturali)
scenari in assenza di specifici rischi (operatività ordinaria)
scenari assimilati (interventi di soccorso tecnico)
scenari di supporto (emergenze antropiche)
Lasciamo ad un altro momento la spiegazione della suddivisione di questi scenari. Per ora basti sapere che in funzione del contesto di tali scenari sono chiamati i compiti del volontario e, di conseguenza, le attività formative specifiche da adottare per la sicurezza del volontario.
Tutti questi scenari sono comunque caratterizzati da una base comune da adottare per ogni organizzazione, oltre alle competenze specifiche che caratterizza la professionalizzazione i cui l'organizzazione si vuole specializzare ad intervenire. Ad esempio, le attività di soccorso alpino sono chiaramente diverse da quelle attività anti incendio boschivo, seppur debbano avere accertamenti medici basilari, una continua sorveglianza sanitaria e attività formali indispensabili riconducibili ad adempimenti comuni. Ciò che cambia è la formazione sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, dei macchinari e delle attrezzature utilizzate. Facile intuire che esistono protocolli e procedure diversi basate sullo scenario di rischio proprio, ma i principi basilari sono gl stessi, così che ogni organizzazione possa facilmente dotarsi di un "sistema sicurezza" proprio.
Per far fronte agli aspetti caratterizzanti di protezione civile e soccorso basati sull'urgenza, l'emergenza e l'imprevedibilità, nell'individuare gli adempimenti sulla sicurezza del volontario, il nostro legislatore introduce il criterio di "prevalenza delle esigenze connesse alle attività e ai compiti di protezione civile", rispetto alle esigenze di tutela della sicurezza e della salute degli operatori volontari delle organizzazioni di protezione civile.
Ovviamente non si può arrecare intralcio o costituire ostacolo agli interventi di protezione e soccorso.
Ma questo significa che non debba esserci un criterio "organizzato" e "prestabilito" di sicurezza del volontario anche nel contesto di intervento in emergenza o soccorso?

Sarebbe paradossale supporre che in fase di soccorso, lo stesso soccorritore debba essere aiutato perchè si è arrecato un danno o è in difficoltà personale, in quanto non adeguatamente formato ed addestrato!
Ad oggi il ruolo di personale addetto all'emergenza e soccorso deve essere inteso come un'attività professionale, volontario o non volontario.
Su questo aspetto il legislatore ha chiarito bene l'importanza di trovare un responsabile che debba adempiere i compiti propri di sicurezza e salute destinati all'operatore, come se fosse un "dipendente" (direi meglio di un dipendente, perchè mosso dalla proria personale volontà di essere d'aiuto e non di intralcio). Vero che il volontario non può essere inteso come "dipende subordinato" ad un datore di lavoro, non esistende un rapporto di lavoro subordinato. Ma questo è solo un criterio meramente formale. Di fatto, e sottolineo l'importanza della catena di comando, esiste un responsabilità di vertice, perché il volontario non è tale se non appartenente ad una associazione costituita da una forma giuridica, pertanto esiste un rappresentate legale il quale ha il dovere giuridico di adempiere agli obblighi di sicurezza e salute.
Quindi alla luce di quanto è stato definito, il volontario ha l'obbligo di prendersi cura della propria salute e sicurezza e il dovere di tutela nei confronti del "collega", nonché ha l'obbligo di partecipare alle attività formative ed addestrative indette dal responsabile dell'organizzazione. Così come il rappresentante legale dell'organizzazione ha l'obbligo e il dovere di formare, informare e addestrare adeguatamente gli aderenti.

Scenari rischio Area sicurezza

Figura 2 Area della Sicurezza.

Ogni organizzazione di volontariato, per quanto concerne gli aspetti della sicurezza, deve equiparare il volontario di protezione civile al lavoratore, tenendo in considerazione il criterio di prevalenza sopra enunciato. Pertanto sono obbligatori gli adempimenti delle seguenti attività:
1. formazione, informazione e addestramento con riferimento agli scenari di rischio di protezione civile ed ai compiti svolti dal volontario in tali ambiti;
2. controllo sanitario generale;
3. sorveglianza sanitaria esclusivamente per quei volontari che nell’ambito delle attività di volontariato risultino esposti agli agenti di rischio delimitati da soglie di esposizione pecifiche;
4. dotazione di dispositivi di protezione individuale idonei per i compiti che il volontario può essere chiamato a svolgere nei diversi scenari di rischio di protezione civile ed al cui utilizzo egli deve essere addestrato.
Anche se l'attuale impianto normativo specifico in materia non prevede sanzioni penali definite, questo non significa che il legale rappresentante dell'organizzazione di volontariato sia penalmente esente da qualsiasi responsabilità per eventi infortunistici che dovessero verificarsi a danno dei volontari o di terzi. Anzi, sarà giudicato in fase di istruttoria senza un criterio prestabilito, dando luogo a giudizi riconducibili ad un procedimento che spesso diventa macchinoso.
In conclusione, se l'epoca dell'associazionismo "dilettantistico" è tramontata, di converso è iniziata l'era di una protezione civile fondata sulla professionalità certificata. Pertanto ogni organizzazione dovrà dotarsi di appositi fascicoli matricolari conteneti:
situazione sanitaria con relative certificazioni;
dichiarazione sulla ricezione dei DPI e sull'abilità all'utilizzo;
attestati dei corsi di formazione e informazione;
brevetti e certificazioni abilitative specifiche;
scheda delle attività di esercitazione;
scheda degli agenti di rischio specifici per la sorvglianza sanitaria;
limiti operativi del volontario per cui l'organizzazione è chiamata ad intervenire.

Firmato
CS p.i. Ivan Del Mastro
Direttore Centro di Formazione sulla Sicurezza del Lavoro "LexAequa"
Presidente Interforce Academy (I.R.Co.T. Academy - Interforce Relisience Coordination Training Academy)
Responsabile UNI/PdR ENBLI (Ente Nazionale Bilaterale Lavoro e Impresa)

Fonti:
D.lgs. 81/2008.
D.lgs.n.106/2009.
Decreto interministeriale di attuazione del 13 aprile 2011.
Decreto del capo dipartimento del 12 gennaio 2012.
"10 linee di lavoro (più una)", a cura del dipartimento di protezione civile.
"Tutela della sicurezza e della salute dei volontari della protezione civile", a cura dell'Agenzia regionale di Protezione Civile del Lazio.

Articolo Pubblicato in:

Rivista Conosco Imparo Prevengo - Psicologia delle Emrgenze, Protezione Civile, Sicurezza.
Edizione di Agosto 2015 n. 26
del Centro Alfredo Rampi onlus
in collaborazione con:
l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e
il Servizio di Prevenzione e Protezione
dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Download della Rivista in pdf http://www.centrorampi.it/files/cip26.pdf

 

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