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A distanza di qualche tempo dalla pubblicazione del Position Paper inerente la "Valutazione della potenziale relazione tra l'inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione dell'epidemia da Covid-19", la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) annuncia il ritrovamento del coronavirus SARS-Cov-2 sul particolato sospeso (PM), elementi che compongono l'inquinamento ambientale atmosferico. "È noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus", si legge sul paper pubblicato, prosegue spiegando che il carrier "costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni" ed inoltre "un’umidità relativa elevata può favorire un più elevato tasso diffusione del virus".

Il professor Alessandro Miani, presidente della Sima, indica come possibilità di prevenire il diffondersi di una nuova pandemia il monitoraggio atmosferico, testando la presenza di virus come il covid19.

"Si evidenzia una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10 Febbraio-29 Febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 Marzo (considerando un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 10-29 Febbraio di 14 gg approssimativamente pari al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della infezione contratta)." Questo quanto emerge dai dati analizzati da SIMA e raccolti dalle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA) e dai dati della Protezione Civile sui casi infetti nella aree in questione.

"I campioni sono stati analizzati dall’Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell’azienda ospedaliera Giuliano Isontina, che hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame. I risultati positivi sono stati confermati su 12 diversi campioni per tutti e tre i marcatori molecolari, vale a dire il gene E, il gene N ed il gene RdRP, quest'ultimo altamente specifico per la presenza dell'RNA virale SARS-CoV-2. Possiamo confermare di aver ragionevolmente dimostrato la presenza di RNA virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico rilevando la presenza di geni altamente specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus, in due analisi genetiche parallele”, precisa Setti.

L’epidemiologo Prisco Piscitelli spiega: “Ad oggi le osservazioni epidemiologiche disponibili per Italia, Cina e Stati Uniti mostrano come la progressione dell'epidemia Covid-19 sia più grave in quelle aree caratterizzate da livelli più elevati di particolato. Esposizioni croniche ad elevate concentrazioni di particolato atmosferico, come quelle che si registrano oramai da decenni nella Pianura Padana, hanno di per sé conseguenze negative sulla salute umana, ben rilevate e quantificate dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, rappresentando anche un fattore predisponente a una maggiore suscettibilità degli anziani fragili alle infezioni virali e alle complicanze cardio-polmonari. È arrivato il momento di affrontare il problema”. (fonte AGI)

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